Gianni, sono ottimista!

Qualche giorno fa il Parlamento è stato riaperto per votare la sfiducia al Governo. Assumendo per ipotesi che abbiano capito che votare no significava essere contro la sfiducia (un insieme di negazioni che mette sicuramente alla prova molti onorevoli ospiti del Parlamento), i parlamentari hanno fatto sì che il Governo non cadesse.

La domanda che ora tutti si fanno nei loro interventi televisivi è: e adesso? Il Governo compr… convincerà abbastanza parlamentari o si andrà a votare?

Io, che non sono berlusconiano e aborro il berlusconismo, ma sono ottimista forse oltre ogni limite, voglio vedere il lato positivo nella prosecuzione di questo Governo Berlusconi fino a fine mandato.

Perchè un lato positivo c’è.

Ora il premio di maggioranza garantito a Berlusconi dalla legge “porcata” non è più efficace e il Parlamento, anche se nominato, anche se in parte comprato, anche se non più abituato a legiferare in libertà, può tornare a far valere la sua forza. Ora ci può essere più equilibrio fra il Parlamento e il Governo. Ora il Governo non potrà più, senza rischi, governare a colpi di fiducia e di decretazione come ha fatto fino ad ora, ma dovrà venire a patti con tutto il Parlamento, opposizione compresa.

E la concertazione può soltanto portare a leggi migliori e più condivise.

Sono troppo ottimista? Non ho considerato che, dopo le vacanze di Natale, c’è il responso sul legittimo impedimento, che, se negativo, porterà Berlusconi a non avere più buone ragioni per continuare a stare al Governo (a meno che Alfano non stia preparando qualcos’altro per salvarlo dai processi): la mia visione potrebbe durare si e no una settimana. Non ho considerato che il Governo, piuttosto che trovare un equilibrio con chi “ha perso le elezioni”, potrebbe essere il Governo del fare nulla, a parte la campagna elettorale, fino alle prossime elezioni. Non ho considerato un sacco di altre cose…

Ma voglio essere ottimista.

Senza via di scampo

La stabilità del Governo è ormai evidentemente, per tutti tranne che per Silvio Berlusconi stesso, compromessa.
Ci sono varie soluzioni alternative, alcune già ventilate:

  • opzione Berlusconi. Questo Governo prosegue a oltranza, finchè ottiene la fiducia e finchè rimane almeno un Ministro in carica… nel disperato costante tentativo di allontanare Silvio Berlusconi dai processi; quindi agenda centrata su “lodi Alfani”, processi e prescrizioni brevi, intercettazioni e qualunque altro espediente si riesca ad inventare, con il federalismo sempre all’orizzonte per tener buona la Lega Nord. Questa strategia, che ha funzionato perfettamente fino a pochi mesi fa, non è più percorribile a causa del del “tradimento” di Futuro e Libertà, che ha annunciato pubblicamente di non voler più dare la fiducia a questo “programma di Governo”.
  • opzione Berlusconi bis. Questo Governo si rimette nelle mani del Presidente della Repubblica e si tenta di formarne un altro, sempre presieduto da Silvio Berlusconi, con un nuovo programma gradito a Futuro e Libertà, incentrato sui problemi dell’Italia e non su quelli di Silvio Berlusconi. Questa opzione non piace a Silvio Berlusconi, che in questo modo non avrebbe più la convenienza ad essere Presidente del Consiglio dei Ministri. Inoltre, un programma concordato con FLI renderebbe secondario il federalismo, perdendo il supporto della Lega.
  • opzione voto anticipato. Questa opzione preoccupa tutti i maggiori partiti, che in questo momento, nonostante i sondaggi, non sono in grado di prevedere il risultato delle prossime elezioni; inoltre, lascerebbe il Paese per mesi in attesa di un Governo in grado di tenere il timone, che non è affatto detto che si riesca a formare. Per l’Italia, una situazione paragonabile a quella attuale e a quella dell’opzione Berlusconi.
  • opzione governo tecnico. Un Governo di “larghe, larghissime intese” sostituirebbe quello attuale, per fare una nuova legge elettorale un po’ meno “porcata” e poi andare alle elezioni. A parte il dettaglio che la legge elettorale è materia del Parlamento e non necessariamente del Governo, questa opzione troverebbe un ostruzionismo “senza se e senza ma” da parte del PdL e della Lega, quindi avrebbe grossi problemi al Senato: così grossi da renderlo assolutamente inefficace.

Per quanto sentiamo, non sembra che ci siano altre opzioni in campo. Viste le possibilità molto risicate delle varie opzioni, questo non dà molta speranza agli Italiani. Stanotte ne ho pensata un’altra:

  • opzione governo tecnico federalista. Il compito di questo Governo sarebbe di:
    • modificare la legge elettorale con l’introduzione delle preferenze;
    • portare velocemente a termine e ad attuazione il federalismo fiscale;
    • nel frattempo, mettere in atto le misure d’emergenza per la crisi economica e sociale: non riforme, solo recuperare parte del tempo perduto dall’attuale Governo.
  • Forse questo Governo tecnico piacerebbe meno al FLI (che però fino a qualche mese fa ha sopportato facilmente le derive federaliste) ma molto di più alla Lega. Questo Governo potrebbe avere la maggioranza sia alla Camera che al Senato.

Altre opzioni potrebbero essere la “marcia su Roma”, la “Padania coi fucili”, l'”assassinio politico”, gli “anni di piombo 2, la vendetta”, la “guerra civile” (se “civile” è un vocabolo con un significato in Italia), la “rivoluzione italiese”… ma mi fanno venire i brividi: tengo famiglia.

Prevenire i rifiuti

Montagna di rifiuti

Rifiuti evitabili

In questi giorni si parla nuovamente, come prevedibile, dei rifiuti di Napoli.
Mi rattrista sentire che, a parte l’ovvio scaricabarile delle responsabilità, le soluzioni di cui tutti parlano sono le solite: discariche e inceneritori. Tutti dimenticano, o fingono di dimenticare, che queste soluzioni sono solo l’extrema ratio: l’inceneritore e la discarica dovrebbero essere utilizzati solo per quella frazione di rifiuti che non è possibile trattare altrimenti.

Le direttive europee sono molto più serie dell’approccio all’italiana, quindi prevedono una serie di passaggi che i mediocri (non voglio pensar male) politici nostrani non sembrano neanche prendere in considerazione. I “nostri” si fermano alla raccolta differenziata, che interpretano di solito come un modo per separare ciò che va in discarica da ciò che va all’inceneritore.

Io invece mi voglio soffermare sul primo punto della direttiva europea: la prevenzione. Prevenire significa ridurre il problema alla radice, evitare che i rifiuti si producano: il famoso slogan “rifiuti zero“. Per realizzare quest’utopia almeno in parte serve la collaborazione dei cittadini e delle imprese, ovviamente indirizzati dallo Stato e dall’Europa.

Ora io vorrei lanciare un’idea che potrebbe aiutare a convincere cittadini e imprese a produrre meno rifiuti: convertire una parte dell’IVA (imposta sul valore aggiunto) in IRA (imposta sul rifiuto aggiunto).

L’IRA potrebbe essere un’imposta graduale, dipendente dalla quantità e dalla qualità degli imballaggi delle merci scambiate. La gradualità dell’imposta si potrebbe basare sulle seguenti categorie:

  1. merce non imballata e completamente consumabile (non si butta via niente): imposta nulla;
  2. merce non imballata ma non completamente consumabile, riutilizzabile;
  3. merce non imballata ma non completamente consumabile, monouso;
  4. merce imballata con materiali differenziabili e biodegradabili (ad esempio, sacchetto di carta);
  5. merce imballata con materiali differenziabili non biodegradabili (confezione di plastica);
  6. merce imballata con materiali non differenziabili (confezione di materiali misti); massima imposta.

Una imposta così abbozzata inciderebbe sul prezzo delle merci per i consumatori finali, rendendo più convenienti i prodotti meno “arricchiti” di rifiuti; i distributori sarebbero a loro volta indotti a preferire tali prodotti; il mercato farebbe il resto.

Le imprese coinvolte nel confezionamento delle merci ne sarebbero colpite. I proventi dell’IRA potrebbero nutrire un fondo creato per finanziare le imprese del settore che vogliano riconvertire la propria attività.

Le conseguenze positive sarebbero:

  • riduzione della quantità di rifiuti da gestire;
  • facilitazione della raccolta differenziata da parte dei cittadini e riduzione dei suoi costi per le amministrazioni locali;
  • riduzione del prezzo finale delle merci “virtuose”, che godrebbero di un’imposta globale (IVA + IRA) ridotta;
  • rieducazione dei consumatori al vero valore delle merci che acquistano.

Insomma, ridurre i rifiuti riducendo le tasse… non è male come slogan alternativo.

Costituzione e libertà d’impresa

Berlusconi e Tremonti

Il gatto e la volpe

Si dice (ad esempio sul Giornale) che il Ministro Tremonti voglia modificare l’articolo 41 della Costituzione, con una “rivoluzione liberale che renda possibile tutto ciò che non è proibito”, in modo che sia possibile una “sospensione di 2-3 anni” delle autorizzazioni per le pmi, la ricerca e le attività artigiane.

Voglio provare a usare la logica per fare ipotesi sulle possibili modifiche all’articolo 41 che vadano in tal senso.

La parte dell’articolo che ha a che fare con eventuali autorizzazioni è la seguente:

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Così com’è, questo articolo non limita a priori alcuna libertà, dato che delega la determinazione dei controlli alla legge; se il fine del Ministro Tremonti è davvero quello di introdurre una sospensione temporanea delle autorizzazioni per le imprese, è sufficiente modificare la legge.

Comunque, siccome voglio sperare che il Ministro Tremonti conosca la materia meglio di un comune cittadino, supponiamo che tale parte dell’articolo necessiti davvero di una modifica. Supponiamo i seguenti scenari di modifica:

  • Eliminazione del periodo dall’articolo. Questa modifica non renderebbe anticostituzionale la legislazione attuale in materia, perché l’assenza della delega alla legge non impedisce affatto la presenza della legge stessa. Però, l’assenza di questo concetto permetterebbe non la modifica, ma, in assenza di altri impedimenti costituzionali, l’eliminazione totale della legislazione in materia.
  • La legge [determina] non può determinare i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Questa modifica renderebbe anticostituzionale la legislazione attuale in materia, che dovrebbe essere quindi eliminata o modificata in senso più libertino che liberale. L’effetto è simile a quello dello scenario precedente, ma molto più drastico e pericoloso.
  • La legge determina i programmi e i controlli [opportuni] inopportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Questo è uno scherzo, ma da questo gioioso Governo…
  • La legge determina i programmi e controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata NON possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Questa modifica comporterebbe la radicale rivoluzione non solo della legislazione, ma un suicidio dello Stato, che si priverebbe del diritto di regolare l’attività economica per l’utilità dei cittadini.
  • La legge determina i programmi e controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini ANTI-sociali. Con tanti ringraziamenti delle tante mafie d’Italia.

Tutte le possibili modifiche vanno nella direzione della diminuzione del potere di controllo dello Stato, ossia dei cittadini italiani (in teoria), nei confronti di quel mare in burrasca che è il mercato.

La possibilità di creare imprese fuori dal controllo dello Stato permetterà una più facile proliferazione di imprese utili per il riciclaggio, per le mafie, delle imprese usa e getta.

Fuori dal controllo dello Stato, perché di questo si tratta. È incredibile che uno Stato economicamente non in grado di eseguire i controlli su comportamenti molto più gravi e pericolosi (come l’evasione fiscale, tanto per fare un esempio) possa controllare ex post la veridicità delle autocertificazioni di migliaia (si spera) di piccole imprese. Chi dovrebbe controllare? Quelle istituzioni che a poco a poco questo Governo sta smantellando?

Tremonti, stupiscici con i tuoi effetti speciali.

Festa della repubblica

Stemma Repubblica ItalianaOggi, 2 giugno, in Italia è la festa della Repubblica.

L’Italia è una repubblica perché lo dice la sua Costituzione, una delle letture meno in voga in Italia; forse è  addirittura meno letta della Bibbia.

I cittadini italiani sanno cosa vuol dire essere una repubblica?

La Repubblica è prima di tutto un atteggiamento dei cittadini verso il loro Stato. Essere cittadini di una Repubblica significa essere consci dei propri diritti, ma anche dei propri doveri nei confronti di ciò che è pubblico.

I diritti più basilari dei cittadini della repubblica sono:

  • la possibilità di prendere parte alle decisioni che riguardano la collettività;
  • la possibilità di usufruire di servizi che lo Stato mette a sua disposizione.

Il primo diritto fu messo in pratica con una “democrazia rappresentativa”, per la quale i cittadini scelgono i loro rappresentanti in Parlamento. Oggi i cittadini non scelgono i loro rappresentanti, ma spesso solo i loro capi; ora che i partiti non si basano più su chiare ideologie che possono guidare i cittadini nella scelta di una condotta di governo, la scelta è diventata una pura questione di “consumo”: si sceglie per il prodotto politico meglio pubblicizzato. Il voto non serve quindi più a prendere parte alle decisioni, ma solo a scegliere chi comanda.

Il secondo diritto, che si traduce nella presenza di un efficiente Stato Sociale e di un’efficiente amministrazione pubblica, non è solo un diritto, ma anche un dovere di quei cittadini che costituiscono l’amministrazione pubblica e la burocrazia dello Stato. I tagli che oggi il Governo si appresta a operare sull’amministrazione pubblica sono la conseguenza di una troppo scarsa cura della “cosa pubblica” di una parte dei dipendenti dell’amministrazione stessa. Questi tagli, ovviamente, ridurranno la quantità e la qualità dei servizi che la Repubblica Italiana deve fornire ai suoi cittadini.

Ma essere cittadini di una Repubblica significa:

  • avere rispetto per la “cosa pubblica” come della cosa privata;
  • contribuire con orgoglio e sollecitudine al mantenimento della “cosa pubblica”.

Sul primo, quando passeggiando su un marciapiede devo fare lo slalom fra automobili parcheggiate ed escrementi di animali domestici o in una scampagnata vedo rifiuti lasciati a bordo strada… qualche dubbio mi viene. Quando un ricco comune mette a disposizione gratuitamente delle biciclette che si “perdono” in un batter d’occhio… qualche dubbio mi viene. Quando la magistratura non riesce a tener dietro a tutti i reati compiuti in Italia e nonostante ciò le carceri sono comunque sovraffollate… qualche dubbio mi viene.

Per finire, il punto dolente dell’economia italiana: gli italiani contribuiscono con il pagamento delle tasse (che sono un contributo di solidarietà) solo se non possono farne a meno…

… e qui il senso della repubblica tocca il suo punto più basso.

Il rapporto con la Repubblica è una simbiosi, ma molti, troppi cittadini italiani sono spesso più portati ad essere parassiti dello Stato (questi, secondo me, non meritano la cittadinanza).

L’Italia è una Repubblica, ma gli Italiani sono d’accordo?

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